Modello 231

Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 di Tradecorp Italia S.r.l. 

 

 

 

Adozione:

 

Consiglio di Amministrazione/Riunione del

 

10 Febbraio 2023

 

 

DEFINIZIONI

 

Il corpo del presente documento contiene un insieme articolato di termini convenzionali, di cui di seguito si riportano le definizioni.

 

Attività Sensibili”: le attività che, in considerazione degli specifici contenuti, potrebbero essere esposte alla potenziale commissione dei reati contemplati dalla normativa e richiamati dal D. Lgs. n. 231/2001.

 

Rovensa Code of Conduct: lo specifico documento che formalizza i valori fondanti e i principi generali di comportamento vigenti all’interno del Gruppo ROVENSA.

 

Codici di Condotta”: con tale espressione ci si riferisce congiuntamente al Code of Conduct e al Supplier Code of Conduct adottati dal Gruppo ROVENSA.

 

Dipendenti” (nel seguito, anche: “Personale”): i soggetti aventi un rapporto di lavoro subordinato, ivi compresi i dirigenti, nonché i dipendenti in regime di somministrazione di lavoro che prestano la propria attività (c.d. lavoratori interinali).

 

Direzioni” o “Divisioni”: le strutture organizzative nelle quali si articola la Società, come meglio descritte nel Paragrafo “La struttura organizzativa di Tradecorp Italia”.

 

D. Lgs. n. 231/2001” o il “Decreto” o anche il “Decreto 231”: il Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della Legge 29 settembre 2000, n. 300) e successive modifiche e integrazioni.

 

Gruppo”: il Gruppo ROVENSA, intendendosi per tale ROVENSA S.A. (Global Holding Company) e tutte le società da essa controllate in Portogallo e all’estero – in particolare, limitatamente a quanto di interesse TRADECORP ITALIA S.r.l. (Distributore) e TRADE CORPORATION INTERNATIONAL S.A. (Subholding Company – Produttore).

 

Linee Guida”: linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D. Lgs. n. 231/2001 emanate da Confindustria;

 

Modello di organizzazione, gestione e controllo” o “Modello”: il modello di organizzazione, gestione e controllo adottato dalla Società in ottemperanza del D. Lgs. n. 231/2001.

 

Organismo di Vigilanza” o “Organismo”: l’organismo preposto alla vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del Modello e del Codice Etico, nonché al relativo aggiornamento, ai sensi dell’art. 6 del D. Lgs. 231/2001.

 

Parent companies”: con tale espressione si intendono ROVENSA S.A., TRADE CORPORATION INTERNATIONAL S.A.. (Produttore), ASCENZA ITALIA S.r.l. (Distributore), etc.

 

Pubblica Amministrazione” o “Ente pubblico”: a titolo esemplificativo, enti pubblici territoriali e non territoriali (Stato, Regione, Provincia, Comune, Camera di Commercio, ASL, Ispettorato del Lavoro, etc.); enti istituiti e regolamentati con legge dello stato; società con partecipazione pubblica totalitaria o prevalente; società controllate da società con partecipazione pubblica totalitaria o prevalente; concessionari di pubblico servizio.

 

Soggetti Apicali” o “Apicali”: le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione o che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo della Società (art. 5, comma 1, D. Lgs. n. 231/2001).

 

Subordinati”: indica i soggetti sottoposti alla direzione o vigilanza dei Soggetti Apicali, i quali devono eseguire in posizione subordinata e non le direttive di questi ultimi o che sono sottoposti alla loro vigilanza.

 

Società” o “TRADECORP ITALIA”: TRADECORP ITALIA S.r.l., con Sede legale in Saronno (VA), Via Varese n. 25/G (CAP 21047).

 

 

 

Indice

Parte Generale

  1. PREMESSA – AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE DEL MODELLO DI TRADECORP ITALIA S.R.L. 8
  2. IL DECRETO LEGISLATIVO N. 231/2001. 9

2.1 L’introduzione della c.d. responsabilità amministrativa da reato. 9

2.2. I presupposti oggettivi della responsabilità amministrativa da reato. 9

2.3. I presupposti soggettivi della responsabilità amministrativa da reato. 10

2.4. I reati presupposto della responsabilità amministrativa degli Enti 10

2.5 Le sanzioni previste dal Decreto. 13

2.6        Le misure cautelari 15

2.7 Presupposti e finalità dell’adozione e dell’attuazione di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo. 15

  1. I PARAMETRI DI RIFERIMENTO: LE LINEE GUIDA ELABORATE DALLE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA.. 17
  2. IL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO DI TRADECORP ITALIA S.R.L. 18

4.1        Le finalità del presente Modello. 18

4.2.       La costruzione del Modello e la sua adozione. 18

4.3.       La struttura del Modello. 20

4.4.       I documenti che compongono il Modello. 22

  1. LA SOCIETÀ NEL CONTESTO DEL GRUPPO ROVENSA, IL SISTEMA DI GOVERNANCE E IL SISTEMA DI CONTROLLO INTERNO.. 23

5.1.       Il Gruppo ROVENSA.. 23

5.2.       La Società nel contesto del Gruppo. 23

5.3        Il sistema di governance e il sistema di controllo interno della Società. 24

  1. LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DI TRADECORP ITALIA.. 25
  2. LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA.. 26
  3. IL SISTEMA DI DELEGHE E PROCURE.. 26
  4. IL SISTEMA PROCEDURALE.. 27
  5. IL CONTROLLO DI GESTIONE E I FLUSSI FINANZIARI. 28
  6. I CODICI DI CONDOTTA.. 28
  7. IL SISTEMA DISCIPLINARE.. 29

13.1     Finalità del sistema disciplinare. 29

13.2     Sistema sanzionatorio nei confronti dei lavoratori subordinati 30

13.3     Sanzioni nei confronti del personale dirigente. 30

13.4     Misure nei confronti dei soggetti che ricoprono cariche sociali 30

13.5     Misure nei confronti dei Terzi 31

  1. FORMAZIONE, COMUNICAZIONE E DIFFUSIONE DEL MODELLO.. 31

14.1     La comunicazione e il coinvolgimento sul Modello e sui Protocolli connessi 31

14.2     La formazione e l’addestramento sul Modello e sui Protocolli connessi 31

  1. L’ORGANISMO DI VIGILANZA.. 32

15.1     Composizione e nomina. 32

15.2     Il Regolamento. 32

15.3     Cessazione dalla carica. 32

15.4     I requisiti 33

15.5     Funzioni, attività e poteri dell’Organismo di Vigilanza. 33

15.6     I flussi informativi e segnalazioni nei confronti dell’Organismo di Vigilanza (cd. whistleblowing) 35

  1. CANALI DI COMUNICAZIONE E TUTELA DEL SEGNALANTE.. 36
  2. AGGIORNAMENTO DEL MODELLO.. 37

 

ALLEGATI:

Allegato 1: Elenco dei c.d. “reati presupposto” di cui al D.Lgs 231/2001

Allegato 2: Elenco dei c.d. “reati presupposto” rilevanti per TRADECORP ITALIA con relativo indice di rischio

Allegato 3: Tradecorp Code of Conduct & Rovensa Code of Conduct

Allegato 4: Rovensa Supplier Code of Conduct

Allegato 5: Sistema Disciplinare

 

 

 

 

 

 

 

 

Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo

di Tradecorp Italia S.r.l.

 

PARTE GENERALE

 

 

 

 

 

1. PREMESSA – AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE DEL MODELLO DI TRADECORP ITALIA S.R.L.

Prima di procedere alla descrizione dei principi contenuti nella presente Parte Generale, TRADECORP ITALIA S.r.l. (di seguito, per brevità, anche la “Società” o “TRADECORP ITALIA”) ritiene opportuno precisare i criteri in base ai quali ha individuato e classificato i soggetti ai quali si applica il presente Modello di organizzazione, gestione e controllo (di seguito, per brevità, anche il “Modello”).

In particolare, si è proceduto ad una classificazione basata, da un lato, sugli strumenti sanzionatori a disposizione della Società al fine di imporre l’osservanza del Modello e, dall’altro, sullo svolgimento o meno di una specifica attività formativa in materia di Normativa 231 (come di seguito definita al paragrafo 2) e/o sul Modello di TRADECORP ITALIA.

Sotto il primo profilo, si è elaborata una tripartizione che distingue tra:

Sotto il secondo profilo, invece, TRADECORP ITALIA ha individuato una particolare categoria di soggetti che, ai fini del presente Modello, vengono definiti come “Outsourcer”. In tal caso, la Società presidia l’osservanza del Modello, da un lato, attraverso la predisposizione di specifiche clausole ad hoc nei contratti sottoscritti con le società che offrono a TRADECORP ITALIA la prestazione lavorativa di tali soggetti (le quali si qualificano pertanto come “Terzi” ai fini sopraindicati) e, dall’altro lato, attraverso una specifica attività di induction, avente ad oggetto i contenuti essenziali del Decreto, del Modello adottato dalla Società e dei Codici di Condotta del Gruppo Rovensa.

Alla luce di quanto precede, ai seguenti termini dovrà essere attribuito il significato di seguito indicato:

Soggetti Apicali: indica le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o di direzione della Società o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché le persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso.

Subordinati: indica i soggetti sottoposti alla direzione o vigilanza dei Soggetti Apicali e che devono eseguire in posizione subordinata le direttive di questi ultimi o che sono sottoposti alla loro vigilanza.

Destinatari: indica i Soggetti Apicali sui quali la Società può esercitare un potere di controllo di natura datoriale o ad esso sostanzialmente assimilabile e i Subordinati.

Altri Destinatari: indica i Soggetti Apicali sui quali la Società non può esercitare un potere di controllo di natura datoriale o ad esso sostanzialmente assimilabile e nei confronti dei quali l’osservanza del Modello è richiesta all’atto della relativa nomina (ivi inclusi gli amministratori, gli amministratori di fatto, i liquidatori eventualmente nominati, il i componenti dell’Organo di controllo).

Outsourcer: indica le persone fisiche, diverse dai Dipendenti, messe a disposizione di TRADECORP ITALIA da Terzi (come di seguito definiti) con cui la Società sottoscrive specifici contratti di servizi.

Terzi: indica congiuntamente tutte le persone fisiche e giuridiche che non sono né Destinatari, né Altri Destinatari, né Outsourcer e alle quali l’osservanza del Modello è richiesta attraverso l’imposizione di vincoli contrattuali a ciò finalizzati. A titolo meramente esemplificativo e non esaustivo rientrano in tale categoria:

2. IL DECRETO LEGISLATIVO N. 231/2001

2.1 L’introduzione della c.d. responsabilità amministrativa da reato

In esecuzione della delega conferita con la Legge 29 settembre 2000, n. 300, il Legislatore italiano ha emanato, in data 8 giugno 2001, il D.lgs. n. 231/2001 (di seguito, per brevità, anche solo “Decreto”), avente ad oggetto la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”.

Per effetto dell’entrata in vigore del Decreto, la normativa italiana in materia di responsabilità delle persone giuridiche è stata adeguata alle prescrizioni contenute in alcune Convenzioni Internazionali già sottoscritte dal nostro Paese[1].

Fino all’emanazione del Decreto, era normativamente escluso che una società potesse assumere la veste di indagato/imputato nell’ambito di un procedimento penale.

Con l’introduzione del Decreto è stato superato il principio secondo cui “societas delinquere non potest” ed è stato introdotto, a carico degli enti (di seguito, per brevità, collettivamente indicati come “Enti” e singolarmente come “Ente”; sono esclusi lo Stato, gli enti pubblici territoriali, gli enti pubblici non economici e quelli che svolgono funzioni di rilievo costituzionale), un regime di responsabilità amministrativa (invero, dal punto di vista pratico assimilabile ad una responsabilità penale), che si affianca a quella della persona fisica che ha agito quale autore materiale del reato.

2.2. I presupposti oggettivi della responsabilità amministrativa da reato

L’art. 5 del Decreto individua i criteri oggettivi di imputazione del reato all’Ente, prevedendo tre condizioni in presenza delle quali è consentito ricondurre il reato commesso dalla persona fisica all’Ente medesimo:

  1. l’appartenenza della persona fisica che ha materialmente commesso il fatto all’Ente, quale soggetto in posizione apicale o subordinata;
  2. la commissione del reato nell’interesse o a vantaggio dell’Ente;

Con specifico riferimento al punto i. che precede, l’art. 5, comma 1, del Decreto – in virtù della teoria della c.d. immedesimazione organica – statuisce che l’Ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

  1. da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’Ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da persona che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo (di seguito denominati “Soggetti Apicali”);
  2. da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a) (di seguito denominati “Subordinati”).

Con riferimento ai soggetti di cui alla lettera a) che precede, il Decreto non richiede che la posizione apicale sia rivestita “in via formale”, essendo sufficiente l’esercizio “di fatto” delle funzioni di gestione e di controllo (come rilevato dalla Relazione Ministeriale al Decreto, è necessario che siano esercitate entrambe).

Inoltre, a mente del Decreto, la responsabilità dell’Ente sussiste anche se l’autore del reato non è stato identificato, pur essendo certamente riconducibile nelle categorie di soggetti contemplati alle lettere a) e b) dell’art. 5 del Decreto, nonché allorquando il reato sia estinto nei confronti del reo persona fisica per una causa diversa dall’amnistia.

L’“interesse” dell’Ente presuppone sempre una verifica ex ante del comportamento tenuto dalla persona fisica, mentre il “vantaggio”, che può essere tratto dall’Ente anche quando la persona fisica non abbia agito nel suo interesse, richiede sempre una verifica ex post.

“Interesse” e “vantaggio” hanno ciascuno una specifica e autonoma rilevanza, in quanto può ben accadere che una condotta interessata possa risultare a posteriori non affatto vantaggiosa (il presupposto normativo della commissione dei reati “nel suo interesse o a suo vantaggio” non contiene un’endiadi, perché i termini hanno riguardo a concetti giuridicamente diversi, potendosi distinguere un interesse a monte per effetto di un indebito arricchimento, in conseguenza dell’illecito, da un vantaggio obiettivamente conseguito con la commissione del reato, seppure non prospettato ex ante, sicché l’interesse e il vantaggio sono in concorso reale: Cass. Pen., Sez. IV, Sent. 9 agosto 2018, n. 38363).

Di converso, l’Ente non risponde se le persone allo stesso riconducibili – siano esse in posizione apicale o subordinata – hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.

La responsabilità dell’Ente deve, altresì, escludersi “qualora questo riceva comunque un vantaggio dalla condotta illecita posta in essere dalla persona fisica, laddove risulti che il reo ha agito “nell’interesse esclusivo proprio o di terzi [..]: in tale evenienza, infatti, si tratterebbe di un vantaggio “fortuito”, come tale non attribuibile alla volontà dell’ente” (Cass. Pen., Sez. I, Sent. 29 ottobre 2015, n. 43689).

Il riferimento è a tutte quelle situazioni in cui, evidentemente, il reato commesso dalla persona fisica non è in alcun modo riconducibile all’Ente, poiché non realizzato neppure in parte nell’interesse di quest’ultimo (in tali ipotesi, il Giudice non è tenuto a verificare se l’Ente ha tratto o meno un vantaggio).

Di converso, determinerà semplicemente una riduzione della risposta sanzionatoria comminabile alla persona giuridica l’eventualità che l’autore del reato abbia commesso “il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l’ente non ne abbia ricavato vantaggio o ne abbia ricavato un vantaggio minimo” (art. 12, comma 1, del Decreto: la sanzione pecuniaria è ridotta della metà e non può comunque essere superiore a € 103.291,00).

2.3. I presupposti soggettivi della responsabilità amministrativa da reato

Ai fini della configurabilità̀ della responsabilità̀ amministrativa da reato, il Decreto richiede non soltanto la riconduzione del reato all’Ente sul piano oggettivo, ma anche la possibilità di formulare un giudizio di rimproverabilità in capo all’Ente medesimo.

In tal senso, gli artt. 6 e 7 del Decreto individuano i criteri soggettivi di imputazione, prevedendo forme specifiche di esonero della responsabilità amministrativa dell’Ente.

In particolare, a mente dell’art. 6, comma 1, del Decreto nell’ipotesi in cui i fatti di reato siano ascrivibili a Soggetti Apicali, l’Ente non è ritenuto responsabile se prova che:

Nella diversa ipotesi di reato commesso da Subordinati, l’adozione e l’efficace attuazione del Modello importa che l’Ente sia chiamato a rispondere nel caso in cui la commissione del Reato Presupposto sia stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza (combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 7 del Decreto).

Diversamente da quanto previsto per il reato commesso dal Soggetto Apicale, in questo caso, è onere dell’Accusa provare la mancata adozione e l’inefficace attuazione dei modelli.

In ultimo, va rilevato che, a mente dell’art. 23 del Decreto, l’Ente è responsabile anche nel caso di:

2.4. I reati presupposto della responsabilità amministrativa degli Enti

La responsabilità amministrativa dell’Ente non è “legata” alla commissione di qualsivoglia reato, in quanto la stessa può configurarsi esclusivamente in relazione alle fattispecie penali espressamente richiamate dal Decreto e dalla Legge n. 146/2006. Invero, in ossequio al principio di legalità di cui all’art. 2 del Decreto, la responsabilità dell’Ente sussiste soltanto in caso di commissione di specifiche tipologie di reati c.d. presupposto (di seguito, per brevità, anche i “Reati Presupposto”).

Rispetto al nucleo originario di fattispecie rilevanti introdotto nel 2001, l’elencazione dei Reati Presupposto della responsabilità dell’Ente è stata notevolmente ampliata (Allegato n. 1 al presente Modello) ed è in continua espansione[2].

Tra le ultime integrazioni del catalogo dei Reati Presupposto, si segnalano:

 

D.Lgs. 231/01 Categoria di reato
Art. 24 Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato, di un ente pubblico o dell’Unione europea o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture
Art. 24-bis Delitti informatici e trattamento illecito di dati
Art. 24-ter Delitti di criminalità organizzata
Art. 25 Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere altra utilità, corruzione e abuso d’ufficio
Art. 25-bis Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento
Art. 25-bis.1 Delitti contro l’industria e il commercio
Art. 25-ter Reati societari
Art. 25-quater Reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico previsti dal codice penale e dalle leggi speciali
Art. 25-quater.1 Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili
Art. 25-quinquies Delitti contro la personalità individuale
Art. 25-sexies Reati di abuso di mercato
Art. 25-septies Reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro
Art. 25-octies Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio
Art. 25-octies 1 Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti
Art. 25-nonies Delitti in materia di violazione del diritto d’autore
Art. 25-decies Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria
Art. 25-undecies Reati ambientali
Art. 25-duodecies Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare
Art. 25-terdecies Razzismo e xenofobia
Art. 25-quaterdecies Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati
Art. 25-quinquiesdecies Reati tributari
Art. 25-sexiesdecies Reati di contrabbando
Art. 25- septiesdecies Delitti contro il patrimonio culturale
Art. 25- duodevicies Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici
L. 9/2013 Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato nell’ambito della filiera degli oli vergini di oliva
L. 146/2006 Reati transnazionali

 

Tanto chiarito, occorre evidenziare che a mente dell’art. 26 del Decreto, l’Ente è ritenuto responsabile dei reati sopra indicati (a eccezione delle fattispecie di cui all’art. 25 septies del Decreto) anche nell’ipotesi in cui gli stessi siano stati realizzati in forma tentata.

Si configura il tentativo nel caso del compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica (cfr. art. 56 cod. pen.).

Nelle ipotesi di commissione dei delitti indicati nel Capo I del Decreto (artt. da 24 a 25 duodevicies, a eccezione dell’art. 25 septies del Decreto) nelle forme del tentativo, le sanzioni pecuniarie (quanto a importo) e, laddove applicabili, le sanzioni interdittive (quanto a durata) sono ridotte da un terzo alla metà (cfr. art. 26, comma 2, del Decreto).

L’irrogazione di sanzioni è, invece, preclusa nei casi in cui l’Ente impedisca volontariamente il compimento dell’azione o la realizzazione dell’evento (cd. desistenza volontaria, cfr. art. 26, comma 2, del Decreto). In tale circostanza, l’esclusione delle sanzioni si giustifica in ragione dell’elisione di ogni rapporto di immedesimazione tra l’Ente e i soggetti che agiscono in nome e per conto dello stesso.

2.5 Le sanzioni previste dal Decreto

In caso di commissione dei Reati Presupposto da parte dei soggetti elencati all’art. 5 del Decreto, l’Ente potrà subire l’irrogazione di alcune sanzioni altamente penalizzanti.

Ai sensi dell’art. 9 del Decreto, le tipologie di sanzioni applicabili (denominate amministrative), sono le seguenti:

Le sanzioni sono calcolate in base ad un sistema “per quote in un numero non inferiore a cento né superiore a mille”, la cui commisurazione viene determinata dal Giudice sulla base della gravità del fatto e del grado di responsabilità dell’Ente, dall’attività svolta dall’Ente per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto illecito e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti; ogni singola quota va da un minimo di Euro 258,23 ad un massimo di Euro 1.549,37.

L’importo di ogni quota viene determinato dal Giudice, tenendo in considerazione le condizioni economiche e patrimoniali dell’Ente; l’ammontare della sanzione pecuniaria, pertanto, viene determinata per effetto della moltiplicazione del primo fattore (numero di quote) per il secondo (importo della quota).

Come affermato al punto 5.1. della Relazione al Decreto, “Quanto alle modalità di accertamento delle condizioni economiche e patrimoniali dell’ente, il giudice potrà avvalersi dei bilanci o delle altre scritture comunque idonee a fotografare tali condizioni. In taluni casi, la prova potrà essere conseguita anche tenendo in considerazione le dimensioni dell’ente e la sua posizione sul mercato. (…) Il giudice non potrà fare a meno di calarsi, con l’ausilio di consulenti, nella realtà dell’impresa, dove potrà attingere anche le informazioni relative allo stato di solidità economica, finanziaria e patrimoniale dell’ente”.

L’articolo 12, D.lgs. 231/01, prevede una serie di casi in cui la sanzione pecuniaria viene ridotta. Essi sono schematicamente riassunti nella seguente tabella, con indicazione della riduzione apportata e dei presupposti per l’applicazione della riduzione stessa.

 

Riduzione Presupposti
½ (e non può comunque essere superiore ad Euro 103.291,00) • L’autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l’Ente non ne ha ricavato un vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo;

ovvero

• il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità.

 

da 1/3 a 1/2

 

[Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado]

• L’Ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;

ovvero

• è stato attuato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

da 1/2 a 2/3

 

 

[Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado]

• L’Ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso;

e

• è stato attuato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

 

Le sanzioni interdittive hanno la caratteristica di limitare o condizionare l’attività sociale, e nei casi più gravi arrivano a paralizzare l’Ente (interdizione dall’esercizio dell’attività); esse hanno, altresì, la finalità di prevenire comportamenti connessi alla commissione di reati.

L’art. 45 del Decreto, infatti, prevede l’applicazione delle sanzioni interdittive indicate nell’art. 9, comma 2 in via cautelare quando sussistono gravi indizi per ritenere la sussistenza della responsabilità dell’ente per un illecito amministrativo dipendente da reato e vi sono fondati e specifici elementi che fanno ritenere concreto il pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per il quale si procede.

Tali sanzioni si applicano nei casi espressamente previsti dal Decreto (art. 13) quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

In generale, le sanzioni interdittive hanno una durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni; fanno tuttavia eccezione, per effetto delle modifiche apportate dalla Legge n. 3/2019 (cd. Legge Spazzacorrotti) i casi di condanna per i reati contemplati all’art. 25, comma 2 e 3 del D.lgs. 231/2001 (Concussione, Corruzione propria, Induzione indebita a dare o a promettere utilità, Corruzione in atti giudiziari), in relazione ai quali la sanzione interdittiva applicabile ha durata “non inferiore a quattro anni e non superiore a sette anni” ove il reato presupposto sia stato commesso da un soggetto apicale ovvero durata “non inferiore a due anni e non superiore a quattro anni” ove il reato presupposto sia stato, invece, commesso da un soggetto sottoposto alla direzione e controllo del soggetto apicale[4]. Inoltre, in deroga alla regola della temporalità, è possibile l’applicazione in via definitiva delle sanzioni interdittive, nelle situazioni più gravi descritte nell’art. 16 del Decreto.

Deve, infine, ricordarsi che l’art. 23 del Decreto punisce l’inosservanza delle sanzioni interdittive, che si realizza qualora all’Ente sia stata applicata, ai sensi del Decreto, una sanzione o una misura cautelare interdittiva e, nonostante ciò, lo stesso trasgredisca agli obblighi o ai divieti ad esse inerenti.

Lo scopo è quello di impedire che l’Ente sfrutti comportamenti illeciti ai fini di “lucro”.

L’art. 53 del Decreto prevede la possibilità di disporre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni dell’Ente che costituiscono il prezzo o il profitto del reato in presenza delle condizioni di legge; si applica la procedura prevista dagli artt. 321 e seguenti cod. proc. pen. in tema di sequestro preventivo;

Dal punto di vista generale, è opportuno precisare che l’accertamento della responsabilità dell’Ente, nonché la determinazione dell’an e del quantum della sanzione, sono attribuiti al Giudice penale competente per il procedimento relativo ai reati dai quali dipende la responsabilità amministrativa.

2.6           Le misure cautelari

Il Decreto prevede la possibilità di applicare all’Ente le sanzioni interdittive previste dall’art. 9, comma 2, anche a titolo di misura cautelare.

Le misure cautelari rispondono a un’esigenza di cautela processuale, essendo applicabili nel corso del procedimento e quindi nei confronti di un soggetto che riveste la qualifica di sottoposto alle indagini o imputato, ma che non ha ancora subito una sentenza di condanna. Per tale motivo, le misure cautelari possono essere disposte, su richiesta del Pubblico Ministero, in presenza di determinate condizioni.

L’art. 45 del Decreto indica i presupposti per l’applicazione delle misure cautelari condizionandone il ricorso alla sussistenza di “gravi indizi di colpevolezza” sulla responsabilità dell’ente, così ricalcando la disposizione contenuta nell’art. 273, comma 1, cod. proc. pen.

La valutazione dei “gravi indizi” riferita all’applicabilità delle misure cautelari a norma dell’art. 45 del Decreto deve tenere conto:

Il procedimento applicativo delle misure cautelari è modellato su quello delineato dal codice di procedura penale, seppure con alcune deroghe.

Il Giudice competente a disporre la misura, su richiesta del Pubblico Ministero, è il Giudice procedente, ovvero, nella fase delle indagini preliminari, il Giudice per le Indagini Preliminari. L’ordinanza applicativa è quella prevista dall’art. 292 cod. proc. pen., norma espressamente richiamata nell’art. 45 del Decreto 231.

Il Giudice, ricevuta la richiesta del Pubblico Ministero, fissa una udienza camerale ad hoc per discutere dell’applicazione della misura; a tale udienza partecipano, oltre al Pubblico Ministero, l’Ente e il suo difensore, i quali, prima dell’udienza, possono accedere al fascicolo del Pubblico Ministero e visionare gli elementi sui quali si fonda la richiesta.

2.7 Presupposti e finalità dell’adozione e dell’attuazione di un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo

In linea generale, le modalità per la costruzione di un valido Modello sono individuate dall’art. 6 del Decreto, il quale, ai commi 2 e 2 bis[5], prevede che lo stesso debba rispondere alle seguenti esigenze:

  1. individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i Reati Presupposto;
  2. prevedere specifici protocolli volti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’Ente in relazione ai Reati Presupposto da prevenire;
  3. individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a prevenire i Reati Presupposto;
  4. prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’OdV;
  5. prevedere uno o più canali che consentano ai Soggetti Apicali e ai Subordinati di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del Decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del Modello, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione[6];
  6. prevedere almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante[7];
  7. in relazione alle segnalazioni di cui alle precedenti lettere e) ed f), prevedere almeno il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione[8];
  8. introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate dal Modello (di seguito, per brevità, anche il “Sistema Disciplinare”), nonché con specifico riferimento alle segnalazioni di cui alle precedenti lettere e) ed f), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante e di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate[9]..

I commi 3 e 4 dell’art. 7 del Decreto prevedono, inoltre, che:

Inoltre, con specifico riferimento alla efficacia preventiva del Modello con riferimento ai reati (colposi) in materia di salute e sicurezza sul lavoro, l’art. 30 del D. Lgs. n. 81/2008 statuisce che “il Modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:

Sempre a mente del citato art. 30 del D. Lgs. n. 81/2008, “il Modello organizzativo e gestionale deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell’avvenuta effettuazione delle attività. Il Modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell’organizzazione e dal tipo di attività svolta, un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello. Il Modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo Modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l’eventuale modifica del Modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.

La disposizione sopra riportata prevede che, in sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui all’articolo per le parti corrispondenti. Attualmente la norma OHSAS 18001:2007 è stata sostituita dalla normativa ISO 4500:2018.

È bene precisare che, sotto un profilo formale, l’adozione ed efficace attuazione di un Modello non costituisce un obbligo, ma unicamente una facoltà per gli Enti, i quali ben potrebbero decidere di non conformarsi al disposto del Decreto senza incorrere, per ciò solo, in alcuna sanzione.

A ben vedere, tuttavia, l’adozione ed efficace attuazione di un Modello idoneo è, per gli Enti, un presupposto irrinunciabile per poter beneficiare dell’esimente prevista dal Legislatore.

In ogni caso, va evidenziato che, se adottato, il Modello non è da intendersi quale strumento statico; di converso, deve essere considerato quale apparato dinamico che permette all’Ente di eliminare, attraverso una corretta e mirata implementazione dello stesso nel corso del tempo, eventuali mancanze che, al momento della sua creazione, non era possibile individuare.

3. I PARAMETRI DI RIFERIMENTO: LE LINEE GUIDA ELABORATE DALLE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA

L’art. 6, comma 3, del Decreto prevede che il Modello possa essere adottato sulla base di codici di comportamento, redatti dalle Associazioni di categoria rappresentative degli Enti, comunicati al Ministero di Giustizia, il quale può formulare osservazioni

Nella predisposizione del presente Modello la Società si è ispirata, innanzitutto alle “Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D. Lgs. n. 231/2001” emanate dalla CONFINDUSTRIA (di seguito solo “Linee Guida di Confindustria”), da ultimo aggiornate nel marzo 2014.

Le Linee Guida di Confindustria per la costruzione dei Modelli forniscono alle associazioni e alle imprese – affiliate o meno all’Associazione – indicazioni di tipo metodologico su come predisporre un modello organizzativo idoneo a prevenire la commissione dei reati indicati nel Decreto.

Le indicazioni di tale ultimo documento, avente una valenza riconosciuta anche dal Decreto, possono essere schematizzate secondo i seguenti punti fondamentali:

Le componenti più rilevanti del sistema di controllo ideato da Confindustria sono:

Le predette componenti devono essere orientate ai seguenti principi:

In ogni caso, preme evidenziare che la mancata conformità a punti specifici delle Linee Guida non inficia di per sé la validità del Modello, trattandosi di indicazioni di natura generale, che richiedono un successivo adattamento alla specifica realtà dell’Ente nel quale andranno a operare.

Invero, ogni Modello va costruito tenendo presenti le caratteristiche proprie dell’impresa cui si applica. Il rischio reato di ogni impresa, difatti, è strettamente connesso al settore economico, dalla complessità organizzativa – non solo dimensionale – dell’impresa e dell’area geografica in cui essa opera.

Ciò comporta che il Modello può ben discostarsi da quanto previsto nelle “Linee Guida”, avendo quest’ultime carattere generale e meramente indicativo.

Infine, rappresentano un parametro di riferimento nella redazione del presente Modello, i contenuti del Codice di Condotta del Gruppo ROVENSA, delle policy, delle direttive e delle linee guida emanate dal Gruppo ROVENSA.

4. IL MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO DI TRADECORP ITALIA S.R.L.

4.1           Le finalità del presente Modello

Il presente Modello tiene conto della realtà imprenditoriale di TRADECORP ITALIA e rappresenta un valido strumento di sensibilizzazione ed informazione dei Destinatari, degli Altri Destinatari, degli Outsources e dei Terzi in genere.

Tutto ciò affinché i predetti soggetti seguano, nell’espletamento delle proprie attività, comportamenti corretti e trasparenti in linea con i valori cui si ispira TRADECORP ITALIA nel perseguimento del proprio oggetto sociale e tali comunque da prevenire il rischio di commissione dei reati previsti dal Decreto.

Il presente Modello è stato predisposto della Società sulla base dell’individuazione delle aree di possibile rischio nell’attività aziendale al cui interno si ritiene più alta la possibilità che siano commessi i reati e si propone come finalità quelle di:

  1. predisporre un sistema di prevenzione e controllo finalizzato alla riduzione del rischio di commissione dei reati connessi all’attività aziendale;
  2. rendere tutti coloro che operano in nome e per conto della Società, e, in particolare, quelli impegnati nelle “aree di attività a rischio”, consapevoli di poter incorrere, in caso di violazione delle disposizioni in esso riportate, in un illecito passibile di sanzioni, sul piano penale ed amministrativo, non solo nei propri confronti ma anche nei confronti della Società;
  3. informare tutti coloro che operano con la Società che la violazione delle prescrizioni contenute nel presente Modello comporterà l’applicazione di apposite sanzioni quali, ad esempio, la risoluzione del rapporto contrattuale;
  4. confermare che la Società non tollera comportamenti illeciti, di qualsiasi tipo ed indipendentemente da qualsiasi finalità e che, in ogni caso, tali comportamenti sono sempre e comunque contrari ai principi cui è ispirata l’attività imprenditoriale della Società, anche qualora la Società fosse apparentemente in condizione di trarne vantaggio.

4.2.          La costruzione del Modello e la sua adozione

Sulla scorta anche delle indicazioni contenute nelle Linee Guida di Confindustria, nei mesi che hanno preceduto l’attività di aggiornamento del Modello, TRADECORP ITALIA ha costituito un Gruppo di Lavoro, composto da risorse della Società e supportato da professionisti esterni con specifiche competenze per le materie rilevanti e oggetto della normativa di riferimento. Tale Gruppo di Lavoro ha avuto come scopo lo svolgimento di attività di mappatura delle aree a rischio, nonché di identificazione e valutazione dei rischi relativi alla fattispecie di reato oggetto della normativa e del relativo Sistema di Controllo Interno. La Società ha redatto, sulla base dei risultati di tali attività, il presente Modello.

La redazione del presente Modello si è articolata nelle fasi di seguito descritte:

  1. esame preliminare del contesto aziendale attraverso lo svolgimento di interviste con i soggetti informati nell’ambito della struttura aziendale al fine di individuare e specificare l’organizzazione e le attività eseguite dalle varie funzioni aziendali, nonché i processi aziendali nei quali le attività sono articolate e la loro concreta ed effettiva attuazione;
  2. individuazione delle aree di attività e dei processi aziendali a “rischio” o strumentali alla commissione dei reati (d’ora innanzi, per brevità, cumulativamente indicate come le “Aree a Rischio Reato”), operata sulla base dell’esame preliminare del contesto aziendale di cui alla precedente lettera a);
  3. identificazione, per ciascuna area a rischio, dei principali fattori di rischio, nonché la rilevazione, l’analisi e la valutazione dell’adeguatezza dei controlli aziendali esistenti;
  4. identificazione dei punti di miglioramento nel Sistema di Controllo Interno;
  5. adeguamento del Sistema di Controllo Interno al fine di ridurre ad un livello accettabile i rischi identificati.

Al termine delle suddette attività, è stato messo a punto dal Gruppo di Lavoro un elenco delle Aree a Rischio Reato, ovvero di quei settori della Società e/o processi aziendali rispetto ai quali è stato ritenuto astrattamente sussistente, alla luce dei risultati della mappatura, il rischio di commissione dei reati, tra quelli indicati dal Decreto, astrattamente riconducibili alla tipologia di attività svolta dalla Società, con riferimento ai quali è stata predisposta una specifica Parte Speciale (Parte Speciale 3 – Aree a Rischio e Controlli Esistenti).

[omissis]

Il Gruppo di Lavoro ha, quindi, provveduto alla rilevazione ed all’analisi dei controlli aziendali in essere – fase as-is – nonché alla identificazione dei punti di miglioramento, provvedendo con la formulazione di appositi suggerimenti tali da permettere la definizione di un piano di azione per far fronte alle relative tematiche.

Con riferimento alla L. n. 123/2007, che ha introdotto la responsabilità per alcune tipologie di reato connesse alla violazione delle norme sulla Salute e Sicurezza sul lavoro, la struttura organizzativa è stata sottoposta ad una specifica analisi, che come suggerito dalle Linee Guida, è stata condotta sull’intera struttura aziendale, poiché, rispetto ai reati di omicidio e lesioni colpose gravi o gravissime commessi con violazione delle norme di tutela della salute e sicurezza sul lavoro (di seguito, anche “SSL”), non è possibile escludere aprioristicamente alcun ambito di attività, atteso che tale casistica di reati può, di fatto, investire la totalità delle componenti aziendali. In via preliminare, il Gruppo di Lavoro ha provveduto a raccogliere ed analizzare la documentazione rilevante in materia di SSL (tra i quali i documenti di valutazione dei rischi, ecc.) necessaria sia alla comprensione della struttura organizzativa della Società e degli ambiti relativi alla SSL, sia alla definizione delle attività nei siti oggetto di analisi. Anche in questo caso sono state svolte interviste con i c.d. key people. Il Gruppo di Lavoro ha, in particolare, verificato le prescrizioni legali e similari applicabili alle attività ed ai luoghi e posti di lavoro.

4.2.1.       Il concetto di “rischio accettabile”

Nella predisposizione di un Modello di organizzazione e gestione, quale il presente, non può essere trascurato il concetto di rischio accettabile. È, infatti, imprescindibile stabilire, ai fini del rispetto delle previsioni introdotte dal D.Lgs. 231/01, una soglia che consenta di limitare la quantità e qualità degli strumenti di prevenzione che devono essere adottati al fine di impedire la commissione del reato.

Con specifico riferimento al meccanismo sanzionatorio introdotto dal Decreto, la soglia di accettabilità è rappresentata dall’efficace implementazione di un adeguato sistema preventivo che sia tale da non poter essere aggirato se non intenzionalmente, ovvero, ai fini dell’esclusione di responsabilità amministrativa dell’ente, le persone che hanno commesso il reato hanno agito eludendo fraudolentemente il Modello ed i controlli adottati dalla Società.

4.3.         La struttura del Modello

Il presente Modello è costituito da una “Parte Generale” e dalla“Parte Speciale”.

La “Parte Generale” contiene una overview sulla normativa di riferimento, sulla realtà dell’Ente e sulla sua attività, sul sistema di governance adottato, sul sistema di deleghe e procure, sulle procedure in essere, sulla funzione del Modello adottato e sui suoi principi ispiratori, sui compiti e il funzionamento dell’Organismo di Vigilanza, sui flussi informativi e i canali di gestione delle segnalazioni di violazioni, sulle sanzioni applicabili in caso di violazioni, sulle azioni di informazione/comunicazione/formazione dei destinatari e il necessario aggiornamento del Modello.

La “Parte Speciale” contiene la descrizione dei reati presupposto ex D.lgs. 231/2001 ritenuti rilevanti per l’Ente all’esito delle attività di risk assessment e delle relative modalità di commissione, l’indicazione dei principi comportamentali di carattere generale, la descrizione delle Aree a Rischio Reato e delle relative attività sensibili, le funzioni aziendali potenzialmente coinvolte, nonché i presidi organizzativi specifici definiti dall’Ente in ottica preventiva.

In particolare, la Parte Speciale risulta così strutturata:

Rispetto alle categorie di reato ritenute rilevanti e pertanto considerate nella Parte Speciale, è stato condotto uno specifico Risk Assessment, volto alla individuazione dei reati rilevanti per la Società, poiché potenzialmente realizzabili nell’interesse o a vantaggio di quest’ultima.

In particolare, il Gruppo di Lavoro, sulla base dell’esame della documentazione fornita dalla Società, ha individuato le fattispecie di reato astrattamente configurabili nell’esercizio della attività di impresa, provvedendo ad operare una distinzione per ciascuna ipotesi di reato presupposto a seconda del “rischio di verificazione” di ognuno di essi nel contesto aziendale (rischio “alto” – “medio” – “basso”).

I risultati del Risk Assessment, condotto, tra l’altro, sulla base dell’esame della struttura organizzativa, dello specifico settore di appartenenza e del sistema di controllo interno, sono stati riassunti nell’Allegato 2 al presente Modello e sono riportati nella Parte Speciale 1 – Reati Rilevanti, ai quali si rimanda per una più approfondita analisi delle fattispecie di reato ritenute astrattamente rilevanti e del rispettivo indice di rischio.

Anche in considerazione del numero di fattispecie di reato che attualmente costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa degli Enti ai sensi del Decreto, talune di esse non sono state ritenute rilevanti ai fini della costruzione del presente Modello, in quanto si è reputato che il rischio relativo alla commissione di tali reati fosse solo astrattamente e non concretamente ipotizzabile.

In particolare, a seguito di un’attenta valutazione dell’attività in concreto svolta da TRADECORP ITALIA e della sua storia, sono state considerate rilevanti le seguenti categorie di reato:

 

Rif. Articolo D.Lgs. 231/01 Rubrica
Artt. 24 e 25 Reati contro la Pubblica Amministrazione
Art. 25-bis Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento
Art. 25-bis.1 Delitti contro l’industria e il commercio
Art. 25 ter Reati societari
Art. 25 quater Delitti con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico
Art. 25 quinquies Delitti contro la personalità individuale
Art. 25 septies Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro
Art. 25 octies Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio
Art. 24-bis Delitti informatici e trattamento illecito di dati
Art. 24-ter Delitti di criminalità organizzata
Art.10 L.146/2006 Reati transnazionali
Art. 25-novies Delitti in materia di violazione del diritto d’autore
Art 25-decies Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’Autorità Giudiziaria
Art. 25-undecies Reati ambientali
Art. 25 duodeciess Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare
Art. 25 quinquiesdecies Reati tributari

 

Le seguenti tipologie di reato sono state considerate come non applicabili e/o non rilevanti seppur astrattamente applicabili alla realtà aziendale di TRADECORP ITALIA (e, dunque, non sono state richiamate nella Parte Speciale del Modello):

 

Rif. Articolo D.Lgs. 231/01 Reato Presupposto Rubrica
Art. 25-quater.1

Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili

art. 583-bis c.p. Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili
Art. 25-sexies

Abusi di mercato

art. 184 D.Lgs. n. 58/1998 Abuso di informazioni privilegiate
art. 185 D.Lgs. n. 58/1998 Manipolazione del mercato
art. 187-bis D.Lgs. n. 58/1998 Abuso di informazioni privilegiate
art. 187-ter D.Lgs. n. 58/1998 Manipolazione del mercato
Art. 25 terdecies

Razzismo e xenofobia

art. 604 bis c.p. Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa
Art. 25 quaterdecies

Frode in competizioni sportive e di esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommesse.

art. 1 della L.401/89 Frode in competizioni sportive
art. 4 della L.401/89 Esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa.
Legge 9/2013

Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato nell’ambito della filiera degli oli vergini di oliva.

Legge 9/2013

 

Responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato nell’ambito della filiera degli oli vergini di oliva.

 

Art. 25 sexiesdecies

Reati di Contrabbando

art. 282 DPR n.43/1973 Contrabbando nel movimento delle merci attraverso i confini di terra e gli spazi doganali
art. 287 DPR n.43/1973 Contrabbando per indebito uso di merci importate con agevolazioni doganali
art. 289 DPR n.43/1973 Contrabbando nel cabotaggio e nella circolazione
art. 291  DPR n.43/1973 Contrabbando nell’importazione od esportazione temporanea
art. 292  DPR n.43/1973 Altri casi di contrabbando
art. 295 DPR n.43/1973 Circostanze aggravanti del contrabbando
 

Art. 25 septiesdecies

Delitti contro il patrimonio culturale

art. 518 bis c.p.

 

Furto di beni culturali
art. 518 ter c.p.

 

Appropriazione indebita di beni culturali
art. 518 quater c.p. Ricettazione di beni culturali
art. 518 octies c.p. Falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali
art. 518 novies c.p. Violazioni in materia di alienazione di beni culturali
  art. 518 decies c.p. Importazione illecita di beni culturali
  art. 518 undecies c.p. Uscita o esportazione illecite di beni culturali
  art. 518 duodecies c.p. Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici
  art. 518 quaterdecies c.p. Contraffazione di opere d’arte
Art. 25 duodevicies

Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici

 

art. 518 sexies c.p. Riciclaggio di beni culturali

 

art. 518 terdecies c.p. Devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici

Questa decisione è stata assunta tenendo conto dell’attuale struttura di TRADECORP ITALIA, delle attività attualmente svolte dalla Società stessa nonché dalla tipologia di reati indicati.

In ogni caso, la Società si impegna a svolgere un continuo monitoraggio della propria attività sia in relazione ai suddetti reati, sia in relazione all’espansione normativa cui potrà essere soggetto il Decreto.

Qualora dovesse emergere la rilevanza di uno o più dei reati sopra menzionati, o di eventuali nuovi reati che il Legislatore riterrà di inserire nell’ambito del Decreto, la Società valuterà l’opportunità di integrare il presente Modello.

4.4.          I documenti che compongono il Modello

Ai fini del presente Modello, si richiamano espressamente ed integralmente tutti gli strumenti già operanti in TRADECORP ITALIA, ivi incluse tutte le policy, procedure e norme di comportamento, adottate. Tali strumenti costituiscono parte integrante e sostanziale del presente Modello.

In particolare, formano parte integrante e sostanziale del presente Modello i protocolli sotto indicati (di seguito, anche “Protocolli”):

Ne consegue che con il termine Modello deve intendersi non solo il presente documento, ma altresì tutti gli ulteriori documenti e le Procedure che verranno successivamente adottati secondo quanto previsto nello stesso e che perseguiranno le finalità ivi indicate.

 

5.             LA SOCIETÀ NEL CONTESTO DEL GRUPPO ROVENSA, IL SISTEMA DI GOVERNANCE E IL SISTEMA DI CONTROLLO INTERNO

5.1.          Il Gruppo ROVENSA

La Società fa parte del Gruppo ROVENSA, gruppo multinazionale di origine iberica, leader nel settore internazionale dell’agroindustria, attivo nella produzione e commercializzazione di prodotti per la protezione/nutrizione delle colture.

 

Il Gruppo ROVENSA opera sotto la direzione e coordinamento di ROVENSA S.A. (Global Holding Company o Capogruppo, con sede in Lisbona – Portogallo) che, tuttavia, non si traduce mai in atti gestori o in partecipazione alle decisioni aziendali, limitandosi ad atti di mero indirizzo cui autonomamente le società del Gruppo danno attuazione con propri atti deliberativi.

 

In tal senso, si osserva che la presenza del Gruppo ROVENSA in diversi Paesi e settori ha reso necessaria l’implementazione di un modello di business basato su un processo decisionale decentrato che, tuttavia, consente anche un’integrazione globale delle attività in linea con il modello di business del Gruppo.

 

Tale modello è orientato a massimizzare l’efficienza operativa delle diverse unità di business e garantisce la diffusione, l’implementazione e il monitoraggio delle strategie generali e delle linee guida di base di gestione definite per ciascun business, principalmente attraverso lo scambio di best practices tra le diverse società del Gruppo, il tutto senza compromettere l’autonomia decisionale di ciascuna Società.

5.2.          La Società nel contesto del Gruppo

Il capitale sociale di TRADECORP ITALIA è interamente posseduto da TRADE CORPORATION INTERNATIONAL S.A., a sua volta controllata da ROVENSA S.A. (Global Holding Company).

La Società ha la propria sede legale a Saronno (VA), Via Varese n. 25/G CAP 21047, ove sono ubicati gli uffici amministrativi.

La Società opera come distributore di prodotti per la nutrizione delle colture (in particolare nei segmenti dei micronutrienti, dei fertilizzanti speciali e dei biostimolanti) del Gruppo nel mercato italiano, nell’ambito del quale svolge l’attività di vendita e assistenza post-vendita. I prodotti commercializzati dalla Società sono forniti principalmente da TRADE CORPORATION INTERNATIONAL S.A., sulla base di un contratto di distribuzione a basso rischio (LRD Agreement) sottoscritto tra le parti. La Società non svolge attività di trasformazione, lavorazione e confezionamento/etichettatura dei prodotti commercializzati.

In particolare la Società offre – secondo il modello cd. B2B – i prodotti a marchio TRADECORP e i servizi di post-vendita a:

Al fine di ottimizzare le risorse e promuovere sinergie ed efficienza aziendali all’interno del Gruppo, la Società si avvale, nello svolgimento dell’attività aziendale, delle prestazioni rese dalle Parent companies, sulla base dei contratti di servizio infragruppo regolarmente sottoscritti dalle parti.

5.3           Il sistema di governance e il sistema di controllo interno della Società

Il Modello di governance di TRADECORP ITALIA e, in generale, tutto il suo sistema organizzativo, è strutturato in modo da assicurare alla Società l’attuazione delle strategie e il raggiungimento degli obiettivi definiti.

La struttura di TRADECORP ITALIA è stata creata tenendo conto della necessità di dotare la Società di un’organizzazione tale da garantirle la massima efficienza ed efficacia operativa.

[omissis]

Sotto il profilo del sistema di controllo interno, si evidenza che TRADECORP ITALIA opera in virtù di un insieme di regole, di procedure, policies e di strutture organizzative che assicurano, tra l’altro, la conformità delle operazioni svolte con la legge nonché con le politiche, i piani, i regolamenti e le procedure interne, anche a livello di Gruppo.

La struttura portante del sistema di controllo interno di TRADECORP ITALIA si compone di:

A ciò si aggiunga che trovano applicazione all’interno della Società le Corporate Policies emanate da ROVENSA S.A. e valide per tutte le società del Gruppo ROVENSA. In particolare, si osserva che ROVENSA aderisce al Global Compact delle Nazioni Unite, impegnandosi ad allineare le proprie operazioni e strategie con i 10 principi universalmente accettati in materia di diritti umani, diritti dei lavoratori, ambiente e lotta alla corruzione. Al fine di rispettare i principi del Global Compact, oltre a svolgere azioni correlate con ciascuno dei suddetti principi, ROVENSA ha sviluppato politiche che governano l’azienda a livello mondiale, tra cui, a titolo esemplificativo:

Inoltre, per gli aspetti strettamente connessi al business aziendale trovano applicazione le procedure, policies, regole di comportamento implementate da ROVENSA S.A. A titolo esemplificativo, si menzionano in particolare:

Il rispetto degli standard e delle regole di comportamento definite nel Sistema di Controllo Interno di TRADECORP ITALIA e dal sistema di governance del Gruppo viene garantito dalla costante azione di monitoraggio svolta dal Ethics Committee di ROVENSA S.A. che promuove la diffusione, la conoscenza e l’osservanza del Code of Conduct (nonché del Supplier’s Code of Conduct) e delle regole e procedure volte a prevenire le frodi e a monitorare il funzionamento, l’efficacia e l’osservanza del sistema di compliance nell’ambito delle Società del Gruppo.

Tale rete di controlli e verifiche (di seguito complessivamente definiti “Protocolli”) pur essendo un valido strumento di gestione del rischio aziendale sotto i profili più strettamente connessi all’operatività della Società, deve essere necessariamente integrato dai principi di controllo interni delineati dal Modello e da costanti flussi informativi al fine di prevenire la verificazione dei reati presupposto di responsabilità ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001.

6.             LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA DI TRADECORP ITALIA

La struttura di governance del Gruppo ROVENSA garantisce autonomia nel processo decisionale delle società controllate su tutti gli aspetti legati alla gestione ordinaria ed efficace delle attività svolte da ciascuno. A tal fine, la struttura organizzativa di ciascuna delle società del Gruppo dipende dal punto di vista funzionale e gerarchico esclusivamente dai rispettivi Consigli di Amministrazione. In tale contesto, le eventuali linee di riporto nei confronti delle società “madri” sono finalizzate in via esclusiva, a garantire il necessario flusso informativo funzionale all’attività di coordinamento, fermo restando il rapporto gerarchico interno all’organigramma societario.

In considerazione di quanto sopra, la struttura organizzativa della Società è disegnata per garantire da un lato, la separazione di ruoli, compiti e responsabilità tra le diverse funzioni e, dall’altro, la massima efficienza possibile, ed è caratterizzata da una precisa definizione delle competenze di ciascuna area aziendale e delle connesse responsabilità.

In particolare, dall’esame dell’Organigramma aziendale è possibile identificare:

La Società dispone, inoltre, di apposite job descriptions nelle quali, per ogni funzione è riportata la mission specifica mediante una sintesi delle finalità e delle principali aree di responsabilità, nonché le linee di riporto gerarchiche/funzionali.

[omissis]

7.             LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA

In conformità a quanto previsto dalle Linee Guida di Confindustria, la Società si è dotata di una struttura organizzativa conforme a quella prevista dalla normativa prevenzionistica vigente, nell’ottica di eliminare ovvero, laddove ciò non sia possibile, ridurre – e, quindi, gestire – i rischi lavorativi per i lavoratori.

La Società ha provveduto alla redazione del Documento di Valutazione dei Rischi e alla predisposizione di una appropriata struttura organizzativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, identificando in modo chiaro e formale i soggetti responsabili della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.

9.             IL SISTEMA DI DELEGHE E PROCURE

[omissis]

Il livello di autonomia, il potere di rappresentanza e i limiti di spesa assegnati ai vari titolari di deleghe e procure all’interno della Società risultano sempre individuati e fissati in modo coerente con il livello gerarchico del destinatario della delega o della procura nei limiti di quanto strettamente necessario all’espletamento dei compiti e delle mansioni oggetto di delega.

Le procure sono sempre formalizzate attraverso atti notarili e comunicate al destinatario per la sua piena conoscenza e per l’accettazione. Inoltre, le procure con rilevanza esterna vengono poi registrate presso il competente Ufficio Registro Imprese.

Ciascuno di questi atti di delega o procura fornisce, quindi, le seguenti indicazioni:

Per ciò che concerne l’attribuzione dei poteri, in linea con le policy aziendali (i.e segregation of duties e four eyes principles), uno stesso delegato non può per una stessa operazione:

Inoltre, in accordo con i principi di controllo interno di cui alle policy aziendali:

10.           IL SISTEMA PROCEDURALE

Al fine di garantire la piena aderenza della propria operatività alle disposizioni normative e regolamentari italiane, la Società si è dotata di una serie di policy e procedure interne per la regolamentazione delle attività operative che si integrano con le linee guida e le policy di Gruppo.

In via generale, le procedure interne e le prassi adottate dalla Società sono improntate ai seguenti principi:

Il Gruppo ROVENSA mira all’implementazione dei sistemi informativi integrati, orientati alla segregazione delle funzioni, nonché a un elevato livello di standardizzazione dei processi e alla protezione delle informazioni in essi contenute, con riferimento sia ai sistemi gestionali e contabili che ai sistemi a supporto delle attività operative connesse al business.

Gli applicativi informatici utilizzati dalla Società assicurano il rispetto dei seguenti principi:

In particolare, i sistemi informatici aziendali garantiscono la tracciabilità dei singoli passaggi e l’identificazione dell’operatore dal quale viene inserito o modificato il dato nel sistema.

Essi costituiscono di per sé la “guida” alle modalità di effettuazione di determinate transazioni e assicurano un elevato livello di standardizzazione e di compliance, essendo i processi gestiti da tali applicativi validati a monte del rilascio del software.

[omissis]

11.           IL CONTROLLO DI GESTIONE E I FLUSSI FINANZIARI

Il sistema di controllo di gestione (di seguito, anche “Controllo di Gestione”) di TRADECORP ITALIA prevede meccanismi di verifica della gestione delle risorse che devono garantire, oltre che la verificabilità e tracciabilità delle spese, l’efficienza e l’economicità delle attività aziendali, mirando ai seguenti obiettivi:

12.           I CODICI DI CONDOTTA

Relazione tra il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo di TRADECORP ITALIA e i Codici di Condotta del Gruppo Rovensa

Un elemento essenziale del sistema di controllo preventivo è rappresentato dall’adozione di un Codice Etico che rappresenta uno strumento adottato in via autonoma e suscettibile di applicazione sul piano generale allo scopo di esprimere dei principi di “deontologia aziendale”, che l’ente riconosce come propri e sui quali richiama l’osservanza da parte di tutti i dipendenti.

TRADECORP ITALIA, determinata a improntare lo svolgimento delle attività aziendali al rispetto della legalità, ha adottato quale proprio Codice Etico il “Rovensa Code of Conduct”, con il quale Rovensa S.A. ha inteso diffondere le linee guida alla conformità legale e alla condotta etica presso tutte le subsidiaries alla stessa riconducibili, nell’ottica della cultura “preventiva” basata sul principio della “tolleranza zero” nei confronti della commissione di atti illeciti, che connota e distingue il Gruppo Rovensa (Allegato 3).

Con specifico riferimento ai rapporti con i fornitori, consulenti, agenti commerciali e business partners, stakeholder strategici della Società e del Gruppo, TRADECORP ITALIA ha, inoltre, adottato il “Rovensa Suppliers Code of Conduct”, nel quale sono definiti i principi specifici di condotta che detti soggetti si impegnano ad adottare, anche per i loro dipendenti ed eventuali subappaltatori (Allegato 4).

Di seguito per brevità il “Rovensa Code of Conduct” per dipendenti e il “Suppliers Code of Conduct” congiuntamente considerati verranno definiti “Codici di Condotta Rovensa”.

Il Modello e i Codici di Condotta Rovensa sono strettamente correlati e devono intendersi quale espressione di un unico corpo di norme adottate dalla Società al fine di promuovere gli alti principi morali, di correttezza, onestà e trasparenza in cui TRADECORP ITALIA crede e intende uniformare la propria attività.

In particolare, il Modello, le cui previsioni sono in ogni caso coerenti e conformi ai principi etici contenuti nei documenti sopra menzionati, risponde più specificamente alle esigenze espresse dal Decreto ed è, pertanto, finalizzato a prevenire la commissione delle fattispecie di reato ricomprese nell’ambito di operatività del D. Lgs. n. 231/2001.

I Codici di Condotta Rovensa affermano in ogni caso principi idonei a prevenire i comportamenti illeciti di cui al D. Lgs. n. 231/2001, acquisendo pertanto rilevanza anche ai fini del Modello e costituendo un elemento a esso complementare.

I Codici di Condotta Rovensa consistono in strumenti di portata generale nei quali sono stabiliti i comportamenti che il Gruppo, complessivamente inteso, intende promuovere, diffondere, rispettare e far rispettare nello svolgimento dell’attività aziendale delle proprie Società, a tutela della sua reputazione e immagine nel mercato.

I Codici di Condotta Rovensa – a cui si rinvia per esigenze di sintesi – esprimono il “contratto sociale ideale” dell’impresa con i propri stakeholders (portatori d’interesse) e definiscono i criteri etici adottati nel bilanciamento delle aspettative e degli interessi dei vari portatori di interesse.

I Codici di Condotta Rovensa sono conformi ai principi dettati dalle Linee Guida di Confindustria e contengono i principi fondamentali del Gruppo e le linee guida relativamente alla condotta da adottare nei rapporti interni ed esterni alle Società che lo compongono.

Ai fini del Decreto, si sottolinea che tali principi mirano, tra l’altro, ad evitare la commissione di fattispecie di reato all’interno di TRADECORP ITALIA – previste e non dal Decreto – nonché condotte non in linea con le aspettative etiche del Gruppo Rovensa.

13.           IL SISTEMA DISCIPLINARE

13.1         Finalità del sistema disciplinare

TRADECORP ITALIA considera essenziale il rispetto del Modello.

Sul presupposto che la violazione delle norme e delle misure imposte dalla Società ai fini della prevenzione dei reati previsti dal Decreto lede il rapporto di fiducia instaurato con la stessa – in ottemperanza agli artt. 6, comma 2, lettera e) e 7, comma 4, lett. b) del Decreto – la Società ha adottato un adeguato sistema sanzionatorio (“Sistema Disciplinare”), da applicarsi in caso di mancato rispetto delle norme previste dal Modello.

Nel rispetto di quanto previsto dall’art. 6, comma 2 bis, lettera d) del Decreto, il Sistema Disciplinare prevede (tra l’altro) specifiche sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela predisposte dalla Società in favore dei soggetti che presentino, a tutela dell’integrità dell’Ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del Decreto, nonché nei confronti di chi effettua segnalazioni in mala fede, ovvero segnalazioni false e prive di fondamento, con dolo o colpa grave, al solo scopo di danneggiare, o altrimenti arrecare pregiudizio a uno o più dipendenti della Società.

Ai fini dell’applicazione da parte di TRADECORP ITALIA delle sanzioni disciplinari ivi previste, l’instaurazione di eventuali procedimenti penali e il loro esito non sono necessari, poiché le norme e le misure previste nel Modello sono adottate da TRADECORP ITALIA in piena autonomia, a prescindere dal reato che eventuali condotte possano determinare.

Sono altresì sanzionati i tentativi e, in particolare, gli atti od omissioni in modo non equivoco diretti a violare le norme e le regole stabilite da TRADECORP ITALIA, anche se l’azione non si compie o l’evento non si verifica per qualsivoglia motivo.

Pur rimandando al relativo documento per il dettaglio (Allegato 5), si offre di seguito una sintetica descrizione del sistema sanzionatorio adottato dalla Società.

13.2         Sistema sanzionatorio nei confronti dei lavoratori subordinati

[omissis]

13.3         Sanzioni nei confronti del personale dirigente

[omissis]

13.4         Misure nei confronti dei soggetti che ricoprono cariche sociali

[omissis]

13.5         Misure nei confronti dei Terzi

Il rispetto da parte dei terzi delle norme del Modello (quest’ultimo limitatamente agli aspetti, di volta in volta, applicabili) e dei principi del Codice di Condotta viene garantito tramite la previsione di specifiche clausole contrattuali.

Ogni violazione da parte dei Terzi delle norme del Codice di Condotta e del Modello (quest’ultimo limitatamente agli aspetti, di volta in volta, applicabili), o l’eventuale commissione da parte di tali soggetti dei reati previsti dal Decreto sarà non solo sanzionata secondo quanto previsto nei contratti stipulati con gli stessi, ma anche attraverso le opportune azioni giudiziali a tutela della Società

14.           FORMAZIONE, COMUNICAZIONE E DIFFUSIONE DEL MODELLO

14.1         La comunicazione e il coinvolgimento sul Modello e sui Protocolli connessi

La Società promuove la più ampia divulgazione, all’interno e all’esterno della struttura, dei principi e delle previsioni contenuti nel Modello e nei Protocolli ad esso connessi.

[omissis]

Per i Terzi tenuti al rispetto del Modello, lo stesso è reso disponibile in forma sintetica sul sito internet della Società. Il coinvolgimento e l’osservanza del Modello da parte dei Terzi è garantita attraverso un’apposita pattuizione contrattuale al fine di garantire e formalizzare l’impegno al rispetto dei principi del Modello da parte di tali Terzi. Le clausole prevedono apposite sanzioni di natura contrattuale per l’ipotesi di violazione del Modello della Società (ad esempio, diffida al rispetto del Modello, applicazione di una penale, risoluzione del contratto, etc.).

[omissis]

La Società non inizierà né proseguirà alcun rapporto con chi non intenda impegnarsi al rispetto dei principi contenuti nel Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (quest’ultimo limitatamente agli eventuali aspetti, di volta in volta, applicabili).

14.2         La formazione e l’addestramento sul Modello e sui Protocolli connessi

[omissis]

15.           L’ORGANISMO DI VIGILANZA

15.1         Composizione e nomina

TRADECORP ITALIA ha optato per una composizione monocratica dell’Organismo di Vigilanza, tenuto conto delle finalità perseguite dalla legge e della dimensione e organizzazione della Società.

[omissis]

15.2         Il Regolamento

[omissis]

15.3         Cessazione dalla carica

[omissis]

15.4         I requisiti

In ossequio a quanto disposto dall’ art. 6, comma 1, del Decreto, l’Organismo di Vigilanza ha il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza del Modello, di curarne l’aggiornamento ed è dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo.

I requisiti che l’Organismo deve soddisfare per un efficace svolgimento delle predette funzioni sono:

Il Consiglio di Amministrazione valuta la permanenza dei suddetti requisiti e condizioni di operatività dell’Organismo di Vigilanza, che i membri dell’Organismo di Vigilanza possiedano i requisiti soggettivi di onorabilità e di competenza e non siano in situazioni di conflitto di interessi, al fine di garantire ulteriormente l’autonomia e indipendenza dell’Organismo di Vigilanza.

15.5         Funzioni, attività e poteri dell’Organismo di Vigilanza

In conformità a quanto disposto dall’art. 6, comma 1, del Decreto, all’OdV di TRADECORP ITALIA è affidato il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello e di curarne il relativo aggiornamento.

In via generale, pertanto, spettano all’OdV i seguenti compiti:

Per l’espletamento dei compiti ad esso assegnati, all’OdV sono riconosciuti tutti i poteri necessari ad assicurare una puntuale ed efficiente vigilanza sul funzionamento e sull’osservanza del Modello.

A titolo esemplificativo, l’OdV, anche per il tramite delle risorse di cui dispone, ha facoltà di:

In ogni caso, l’Organismo di Vigilanza, durante lo svolgimento dei propri compiti, deve:

L’Organismo di Vigilanza è tenuto a riportare i risultati della propria attività al Consiglio di Amministrazione.

In particolare, l’OdV riferisce in merito alle violazioni del Modello riscontrate in vista dell’adozione delle relative sanzioni e, al verificarsi di casi che evidenziano gravi criticità del Modello, presenta proposte di modifiche o integrazioni.

L’Organismo di Vigilanza predispone per l’organo amministrativo una relazione informativa, su base almeno semestrale, sull’attività di vigilanza svolta, sull’esito di tale attività e sull’attuazione del Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo nell’ambito di TRADECORP ITALIA; tale relazione dovrà essere trasmessa in copia all’Organo di Controllo.

Le attività dell’Organismo di Vigilanza sono insindacabili da parte di qualsiasi organismo, struttura e funzione aziendali, fatto salvo, comunque, l’obbligo di vigilanza a carico del Consiglio di Amministrazione sull’adeguatezza dell’Organismo di Vigilanza e del suo intervento, essendo comunque il Consiglio di Amministrazione responsabile del funzionamento e dell’efficacia del Modello.

Per lo svolgimento delle funzioni di vigilanza attribuite all’Organismo di Vigilanza, lo stesso dispone di adeguate risorse finanziarie e ha facoltà di avvalersi – sotto la sua diretta sorveglianza e responsabilità – dell’ausilio delle strutture aziendali interne e, nel caso, del supporto di consulenti esterni in ossequio alle applicabili procedure aziendali.

La disciplina del funzionamento interno dell’Organismo di Vigilanza viene demandata allo stesso organismo, il quale definisce – con apposito regolamento – gli aspetti relativi allo svolgimento delle funzioni di vigilanza, ivi incluse la determinazione delle cadenze temporali dei controlli, l’individuazione dei criteri e delle procedure di analisi, la verbalizzazione delle riunioni, la disciplina dei flussi informativi e così via.

15.6         I flussi informativi e segnalazioni nei confronti dell’Organismo di Vigilanza (cd. whistleblowing)

L’OdV, quale organismo deputato a vigilare sul funzionamento e sulla osservanza del Modello, è destinatario de:

  1. flussi informativi (d’ora innanzi anche solo “Flussi informativi”), periodici o ad hoc (al verificarsi dell’evento), indirizzati dai responsabili delle attività sensibili contemplate nel Modello ed aventi ad oggetto:
  2. informazioni rilevanti relative alle attività sensibili di propria competenza;
  3. informazioni relative all’attività della Società, incluse, senza che ciò costituisca limitazione: le notizie relative ai cambiamenti organizzativi o delle procedure aziendali vigenti; gli aggiornamenti del sistema dei poteri e delle deleghe; le eventuali comunicazioni che possono indicare una carenza dei controlli interni;  le decisioni relative alla richiesta, erogazione e utilizzo di finanziamenti pubblici;  la reportistica periodica in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonché tutti i dati relativi agli infortuni sul lavoro occorsi all’interno della Società; i risultati delle eventuali attività di audit interno mirate al verificare l’effettivo rispetto del Modello;
  1. i risultati delle eventuali attività di audit interno mirate al verificare l’effettivo rispetto del Modello e del Codice di Condotta;
  2. eventuali suggerimenti/integrazioni al fine di rafforzare il Modello adottato ai sensi del Decreto.

I Flussi informativi diretti all’Organismo di Vigilanza hanno lo scopo di agevolarne e migliorarne le attività di pianificazione dei controlli e non impongono allo stesso una verifica sistematica e puntuale di tutti i fenomeni rappresentati;

  1. segnalazioni circostanziate di condotte illecite rilevanti ai sensi del Decreto (d’ora innanzi anche solo “Segnalazione/i”), tempestive e/o su base occasionale, aventi ad oggetto qualsiasi violazione, reale o sospetta, che possa concretarsi in:
  2. frode o cattiva gestione;
  3. corruzione;
  4. illecito penalmente rilevante;
  5. violazione di qualsivoglia legge, regolamento o policy e procedure emanate dalla Società;
  6. violazioni, anche potenziali, del Modello, incluse, senza che ciò costituisca limitazione:

Il personale e tutti coloro che operano in nome e per conto di TRADECORP ITALIA, che vengano in possesso di notizie relative alla commissione di reati all’interno di TRADECORP ITALIA, o a pratiche non in linea con le norme di comportamento e i principi del Codice di Condotta sono tenuti ad informare tempestivamente l’Organismo di Vigilanza.

In ogni caso, la Segnalazione:

La Segnalazione deve essere il più possibile circostanziata e resa con dovizia di particolari tali da far emergere fatti e situazioni relazionandoli a contesti determinati.

Gli elementi in essa descritti devono essere tali da consentire una agevole ricostruzione dei fatti ed una loro successiva verifica.

Tali elementi possono essere, a titolo esemplificativo, così individuati:

16. CANALI DI COMUNICAZIONE E TUTELA DEL SEGNALANTE

La Società, al fine di consentire sia ai Soggetti Apicali che ai Subordinati di indirizzare all’OdV le Segnalazioni e i Flussi informativi, ha attivato i seguenti canali di comunicazione:

  1. casella di posta elettronica dell’OdV,al seguente indirizzo: odv@tradecorp.rovensa.com;
  2. casella di posta ordinaria della Società indirizzata all’OdV.

Inoltre, a livello di Gruppo è stato implementato un canale per le segnalazioni (c.d. whistleblowing) idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante, gestito da WhistleBlower Security (in outsourcing) e accessibile mediante:

I sistemi di segnalazione innanzi descritti, fatti salvi eventuali obblighi di legge, la tutela dei diritti della Società e delle persone accusate erroneamente o in mala fede, garantiscono:

A tal fine, è fatto divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, ivi incluso il mutamento di mansioni ai sensi dell’art. 2103 cod. civ., nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla Segnalazione. Inoltre, l’adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le Segnalazioni di cui sopra può essere denunciata all’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza.

17. AGGIORNAMENTO DEL MODELLO

Tra i compiti dell’OdV vi è quello di segnalare al Consiglio di Amministrazione la necessità di aggiornare il Modello. L’aggiornamento si impone, a mero titolo indicativo, in conseguenza di un mutamento degli assetti organizzativi o dei processi operativi, di significative violazioni del Modello stesso, di integrazioni legislative.

La comunicazione e la formazione sugli aggiornamenti del Modello devono seguire le stesse modalità della approvazione.

[1] In particolare: Convenzione di Bruxelles, del 26 luglio 1995, sulla tutela degli interessi finanziari; Convenzione di Bruxelles, del 26 maggio 1997, sulla lotta alla corruzione di funzionari pubblici, sia della Comunità Europea che degli Stati membri; Convenzione OCSE, del 17 dicembre 1997, sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche ed internazionali. Il Legislatore ha ratificato, con la Legge n. 146/2006, la Convenzione ed i protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale adottati dall’Assemblea Generale del 15 novembre 2000 e 31 maggio del 2001.

[2] Invero, sotto un primo profilo si registra una forte spinta da parte degli organi comunitari; sotto un secondo profilo, anche a livello nazionale, sono stati presentate varie proposte finalizzate all’introduzione di ulteriori fattispecie rilevanti. Oltretutto, è stata anche vagliata (vedi, lavori della Commissione Pisapia) l’ipotesi di includere direttamente la responsabilità degli Enti all’interno del Codice Penale, con un conseguente mutamento della natura della responsabilità (che diverrebbe, a tutti gli effetti, penale e non più – formalmente – amministrativa) e l’ampliamento delle fattispecie rilevanti. Più di recente, sono state avanzate delle proposte di modifica al Decreto dirette a raccogliere i frutti dell’esperienza applicativa dello stesso e, in definitiva, dirette a ‘sanare’ alcuni aspetti che sono apparsi eccessivamente gravosi.

[3] Ai sensi dell’articolo 20 del D.Lgs. n. 231 del 2001, “si ha reiterazione quanto l’ente, già condannato in via definitiva almeno una volta per un illecito dipendente da reato, ne commette un altro nei cinque anni successivi alla condanna definitiva”.

[4] Tuttavia, la durata delle sanzioni interdittive ritorna ad essere quella ordinaria stabilita dall’art. 13, comma 2 del Decreto (i.e. non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni) “se prima della sentenza di primo grado l’ente si è efficacemente adoperato per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione dei responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite e ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l’adozione e l’attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”.

[5] Il comma 2 bis è stato introdotto dalla Legge 30 novembre 2017, n. 179 in materia di whistleblowing, che, con specifico riferimento al settore privato, è intervenuta proprio in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti ex D.lgs. 231/2001, integrando i requisiti di idoneità ed efficacia dei modelli richiamati all’art. 6 del Decreto.

[6] Requisito introdotto dalla Legge 30 novembre 2017, n. 179, di cui alla nota che precede.

[7] Cfr. nota che precede.

[8] Cfr. nota che precede.

[9] Cfr. nota che precede.